Affidamenti dei servizi sociali agli Enti del Terzo Settore

11.09.2018

Con il parere n. 2051 del 20 agosto 2018, su richiesta dell’ANAC, il Consiglio di Stato si è pronunciato in merito alla normativa applicabile agli affidamenti dei servizi sociali, alla luce delle disposizioni del D.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici), come modificato dal D.lgs. n. 56 del 2017, e del D.lgs. n. 117 del 2017 (Codice del Terzo Settore).

L’ANAC aveva rilevato profili di “possibile disarmonia” fra il Codice dei contratti pubblici ed il Codice del Terzo Settore proprio in ordine alla disciplina dell’affidamento di servizi sociali in virtù del fatto che, se da una parte, l’attuale Codice degli Appalti detta in proposito plurime disposizioni, che rendono evidente la sottoposizione anche di tali servizi alla normativa codicistica (l’art. 35 per le soglie di rilevanza comunitaria, gli artt. 70, 72 127 e 130 per il termine di validità ed il conseguente periodo di pubblicazione dell’avviso di preinformazione circa le procedure di affidamento di servizi sociali, l’art. 95 per il criterio di aggiudicazione, gli artt. 140, 142, 143 e 144 per la disciplina speciale e derogatoria, l’art. 169 per le concessioni di servizi sociali, richiamate anche negli allegati XXII e XXIV), dall’altra, il Codice del Terzo Settore ha successivamente disciplinato le modalità di affidamento ad enti del terzo settore dello svolgimento di servizi sociali da parte di Pubbliche Amministrazioni (artt. 55, 56 e 57).

Sul punto, il Consiglio di Stato si è così espresso:

– le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del terzo settore (in particolare, accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono estranee al Codice dei contratti pubblici ove prive di carattere selettivo, ovvero non tese all’affidamento del servizio, ovvero ancora ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma integralmente gratuita;

– le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del terzo settore (in particolare, accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono, viceversa, soggette al Codice dei contratti pubblici, al fine di tutelare la concorrenza anche fra enti del terzo settore, ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma onerosa, ricorrente in presenza anche di meri rimborsi spese forfettari e/o estesi a coprire in tutto od in parte il costo dei fattori di produzione; l’Amministrazione, inoltre, deve specificamente e puntualmente motivare il ricorso a tali modalità di affidamento, che, in quanto strutturalmente riservate ad enti non profit, de facto privano le imprese profit della possibilità di rendersi affidatarie del servizio.

Di regola, dunque, l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa “pro-concorrenziale” di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un “appalto”.

Quanto all’accreditamento, secondo il Consiglio di Stato, esso è al di fuori della normativa euro-unitaria solo ove si limiti alla mera individuazione dei soggetti del terzo settore da inserire nella rete dei servizi sociali, senza che, a monte, sia stato previamente individuato un numero od un contingente prefissato (cosiddetto modello dell’accreditamento libero). In tal caso, infatti, l’istituto si risolve sostanzialmente in una sorta di abilitazione priva di carattere selettivo e non propedeutica all’affidamento di un servizio.

Viceversa, ove sia stabilito ex ante un contingente massimo di operatori accreditabili ovvero, a fortiori, qualora l’accreditamento sia lo strumento per addivenire all’attivazione di un “partenariato”, la procedura sarà qualificabile, ai fini e per gli effetti del Codice dei contratti pubblici, come appalto di servizi sociali e sarà, pertanto, sottoposta alla relativa disciplina, ad eccezione della sola ipotesi di integrale gratuità dell’affidando servizio.

Ad analoghe considerazioni il Consiglio di Stato perviene in ordine:

– alla co-progettazione (quale procedura “finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento”, che si sostanzia in un rapporto fra Amministrazione e specifici enti del terzo settore e che presenta a monte un momento selettivo fra gli operatori interessati e tende a valle a disporre all’ente co-progettante l’affidamento del servizio sociale);

– al partenariato.

In sostanza, e ricapitolando, per il Consiglio di Stato si devono ritenere estranee al codice unicamente le procedure di accreditamento c.d. libero e le procedure di co-progettazione e partenariato finalizzate ad “interventi innovativi e sperimentali” sorretti da idonea motivazione ed afferenti a rapporti puramente gratuiti.

Sul punto, il Consiglio di Stato tuttavia ricorda che, sebbene l’applicazione del Codice dei contratti pubblici è da intendersi come integrale (salva l’applicazione dell’art. 36 per i contratti sotto soglia), il D.lgs. n. 56/2017 (correttivo del Codice dei contratti pubblici), ha comunque novellato l’art. 142, delineando un regime cosiddetto “alleggerito” per alcuni dei servizi elencati nell’allegato IX del Codice stesso.

Per i servizi indicati al comma 5-bis dell’art. 142, ossia: “servizi sanitari, servizi sociali e servizi connessi; servizi di prestazioni sociali; altri servizi pubblici, sociali e personali, inclusi servizi forniti da associazioni sindacali, da organizzazioni politiche, da associazioni giovanili e altri servizi di organizzazioni associative” si applica dunque il regime “alleggerito” contemplato nei successivi commi da 5-ter a 5-nonies, mentre per i restanti servizi dell’allegato IX non enucleati al comma 5-bis l’applicazione del Codice è integrale e si estende a tutti gli istituti da esso previsti.

Ne consegue che, in ossequio ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, la pubblica amministrazione dovrà comunque sempre e puntualmente indicare e documentare la ricorrenza, nella concreta vicenda, degli specifici profili che sostengono, motivano e giustificano il ricorso a procedure che tagliano fuori ex ante gli operatori economici tesi a perseguire un profitto.

L’Amministrazione dovrà, in particolare, evidenziare la maggiore idoneità di tali procedure a soddisfare i bisogni lato sensu “sociali” ricorrenti nella fattispecie, alla luce dei principi di adeguatezza, proporzionalità ed efficacia ed in comparazione con gli esiti che verosimilmente produrrebbe l’alternativa del ricorso al mercato.

Fermo restando che il Codice dei contratti pubblici, secondo l’organo giurisdizionale, conosce le ipotesi derogatorie di cui all’art. 112 (riserva di partecipazione o di esecuzione a favore di enti “il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate”) e di cui all’art. 143 (riserva ad organizzazioni qualificate da specifici caratteri, indicati al comma 2, degli affidamenti relativi ad alcune tipologie di “servizi sanitari, sociali e culturali”).

Tuttavia, il parere del Consiglio di Stato merita di essere letto integralmente, partendo dall’analisi delle disposizioni recate dal nuovo Codice del Terzo Settore e fino ad arrivare al punto in cui, in conclusione, l’organo giurisdizionale rimette alla valutazione dell’ANAC la eventuale disapplicazione dell’art. 56 del D.lgs. n. 117/ 2017 in materia di convenzioni, ritenendo oltremodo opportuno uno specifico intervento in sede di aggiornamento delle “Linee guida per l’affidamento di servizi ed enti del terzo settore ed alle cooperative sociali” (delibera ANAC n. 32 del 2016), allo scopo di ben perimetrare l’ambito del ricorso consentito alle convenzioni (pacificamente per il servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza con le organizzazioni di volontariato, disciplinato dall’art. 57 del d.lgs. n. 117 del 2017) e, al contempo, di delimitare il concetto di “rimborso spese” e di evidenziare, specularmente, l’ipotesi in cui lo strumento convenzionale, in quanto previsto da una norma interna in contrasto con il diritto euro-unitario non possa essere applicato.